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V Praze, 28. března 1611.



Nuncius Placido, biskup Melfský, státnímu sekretáři kurie: nechce zbytečně posílati zpráv, dostav se v okruh působnosti biskupa Sarzanského; v pátek a v sobotu se císař a král navzájem pozdravili po panovi z Meggau, Leuchtenberkovi a Mollartovi; svoláni sněmu se protáhne, protože nejvyšší úředníci nechtějí jíti k stavům na Staré město, ukazujíce, že sněmy se scházejí na hradě; nejvyšší úřednici se včera rozhodli, že požádají císaře za dovolení, aby se mohli spojiti se stavy; Valdštejn jde s nimi, nejv. purkrabí se kolísá; císař žádal včera po Mollartovi španělského vyslance, aby přemluvil krále Matyáše k odtrženi se od Čechů a k spojeni se s císařem, což vyslanec odmítl; císař s pohrůžkou klatby nařídil arciknížeti Leopoldovi, aby rozpustil vojsko a mnohokrát odmítl audiencí nejv. úředníků; stavové čeští poslali dnes deputaci k císaři s žádosti, aby směli povolati Slezany k sněmu.

Orig. v archivu Vatikánském: Nunz. di Germ. 114 F, fol. 185 - 187.

IIlmo et Revmo etc. Con ľ aggiunte mie ho dato conto a V. Sria Illma ď alcune cose eh ho giudicato non affatto indegne della Sua notitia, occorse nel tempo, che S. regia Mtà ha dimorato in Trigla et che, mossasi di là, ha poi speso nel viaggio insino a Praga, aggiungendovi quel poco di più che con detti avisi ha havuto in qualche parte relatione. Hora cedendo assolutamente, come devo, il campo a monsignor mio, vescovo di Sarzana, nel cui theatro si rapresenta questa tragedia o comedia che si sia, mi rattenerò ï ingombrar inutilmente con le mie inettie ľ orecchie di V. Sria Illma, lasciando, eh esso monsignor con la sua molta prudenza, sodisfaccia, come suole al suo debito et al mio mancamento insieme.

Lascierò per tanto di dirli, che venerdì a sera, doppo haver mandato il re a chieder audienza di S. M ces. al Mechau, [T. j. Meggau.] suo cameriere maggiore, et havendola ottenuta per la matina seguente, mandò poi subito V istessa sera ¾ imperatore il lantgravio di Laitembergh et Ernesto di Molari a visitar in suo nome S. regia M che ľ uscì incontro et li trattò assai cortesemente. Andò poi la matina il Mechau a far riverenza in nome del re a S. M ces. dalla quale fu raccolto con termini amorevoli et forsi sopra ľ espettatione di molti.

Non intrarò ne anco a refferirli, che la convocatione di questa dieta boemica necessaria in simil caso, si differisce, perché volendo i stati, che gľ offitiali supremi del regno che si trovano in castello, s uniscono con esso loro qui in Terra Vechia, questi ricusano di farlo, allegando il rito ordinario del ľ altre diete solite a congregarsi ivi in castello; la qual dificoltà però si giudica che debba in breve supirsi, 0 con un mezzo termine, unendosi tutti insieme in Clamsait, o pur, perché g¾ offitiali al fine per non ruinar inutilmente se stessi, ne potendo resister alla piena, cederano; et per quel eh intendo, risolsero hier sera di parlare ali imperatore et proporli il comun pericolo, chiedendoli licenza di potersi unire col resto delli stati che in ogni modo anco senza di loro farebbono quel che più gľ aggradisse; et tanto più che oltre il Wolstain eh è giudice supremo et atherisce con la comune, s intende, che di sopra anco il burgravio comincia a titubare. Richiese hieri ¾ imperatore per mezzo ď Ernesto di Molart al signor ambasciatore cattolico, che volesse in nome di S. M ces. far imbasciata al re et persuaderlo a dividersi dai Boemi et unirsi con esso lei. Ma il prudente cavaliere, conoscendo ľ arte, rispose, eh havrebbe per se stesso fatto ogni buono officio per tal fine, ma che il farlo espressamente in nome della M S. lì pareva non convenirsi, havendo ella tanti ministri per fede et per autorità attissimi a trattar il negotio; et ¾ istesso di Molart che fu il mezzano, mostrò di far ¾ offitio come sforzato et di burlarsi della proposta.

Giudico similmente soverchio il dirle, che ľ imperatore, per quanto si vocifera, habbia fatto intendere ali arciduca Leopoldo, che, se quella gente di Possa sei giorni doppo il suo ordine non si partirà di Boemia, andandosene ciascuno in casa sua, la dichiarerà incorsa nel bando imperiale, et che ľ istesso imperatore, o secondando il suo humore et il solito aborimento de negotii, o pur, perché spera, che il tempo che vi andasse di mezzo, potrebbe forsi giovar alle cose sue, quando questi offitiali boemi in occasione così urgente ¾ han chiesto audienza, ľ ha molte volte ripulsati, dicendoli, che questi son giorni di attender al spirito et non a negotii temporali; perché, come ho detto, queste et molte altre cose posson esser assai più note a monsignor nuntio di qua et da lui saranno al sicuro più sodamente riferite, come quello che oltre la sua naturai prudenza ha anco esattissima pratica et intelligenza di questa corte....

Da Praga a 28 Marzo 1611

 

Placido vescovo di Melfi.



La [Toto postscriptum psal Placido vlastnoručně.] lettera del ľ imperatore ali arciduca Leopoldo per quel che mi ha riferto poi un gentilhuomo confidentissimo del ľ Annibald, non è stata segnata prima di questa mattina.

Han [no] mandato hoggi i stati boemi sei lor deputati, perché insieme col burgravio chiedessero licenza al ľ imperatore di poter chiamar i Slesiti ad una loro dieta generale, et da S. M ces. hanno riportato, che domatina ali otto hore debbano ritornare per la risposta.




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