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V Praze, 2. května 1611.



Biskup Melfský státnímu sekretáři kurie: Odpověď stavů císaři byla zostřena královskými, kteří se obávají politických účinků císařovy residence v Praze; biskup Melfský přesvědčil Khlesla, že je lépe, zůstane-li císař; odpověď stavů o residenci nebyla ještě císaři odevzdána, protože se mají ještě o ní vysloviti Slezané a Lužičané; císař prý sám zamýšlí opustiti Prahu a dělá plány přeložiti residenci do Vratislavě, do Alsaska nebo do Řezná; kdyby chtěl odejeti, nesměl by odvézti poklad; je při tom mnoho intrik; císař chce dnes povolati k sobě biskupa Sarzanského a Zúňigu; naříká, že je opuštěn všemi vyslanci; odchodem císařovým by bylo poškozeno náboženství; král po cestě do Lužice a Slezska přenese residenci do Vidně a království bude spravovati nejv. purkrabí nebo arcikníže Maxmilián; podle pozdní zprávy Barvitiovy císař již nepomýšlí na odchod.

Orig. v archivu Vatikánském: Nunz. di Germania 114 F, fol. 300-303. A tergo adresa kardinálovi Borghese a poznámka: "Ricevute a 19 di Maggio 1611. Risposto a 21 detto".

Illmo et Revmo signore.... Fu pur troppo vero, che la risposta da darsi dai Boemi alle dimande del ľ imperatore fosse stata inasprita per opra di questi signori conseglieri reggii, giudicando essi, che standosene ľ imperatore in Praga che è capo et da norma et essempio a tutte ľ altre città et luoghi del regno, potrebbe S. M ces. tanto più con ¾ occasione di molti signori del ľ imperio che vi concorerano continuamente per loro negotii, machinar gran cose et convocar per via indiretta anco diete in danno del re per inquietar il tutto - cosa che residendo altrove non potrebbe così facilmente effettuare. Et sì era concluso di rispondere che S. M ces. poteva elligersi per stanza o Pilczen o Melnik o Brandais et ivi starsene con guardia, perché non uscisse dal regno.

Parlai martedì [T. j. 26. dubna.] quanto potei più efficacemente a monsignor Gleselio di questo fatto, rappresentandoli ¾ indegnità che contra al senso commune de[l] tutto il christianesimo si usarebbe non meno al re, inducendolo a così ingrata et empia attione, che ali istesso imperatore, et lo ritrovai molto alto alla mano et arrabiatissimo, dicendomi, eh era necessario trattar con ogni asprezza con ¾ imperatore, per mantenerlo in officio et non incorrer di nuovo nel ľ inconvenienti di prima. Et soggiungendoli io, che il più sicuro mezzo ď assicurarsi, senza irritar ľ imperio, sarebbe stato de immergere et adormentar più tosto con honorevolezza ľ imperatore in questo suo otio di Praga, togliendoli ľ occasione di andar attorno et cagionar nuovi moti per sua difesa, mi parse di lasciarlo in buona parte persuaso.

Mi disse poi, che la risposta da darsi in questo articolo, s era molto modificata, cioè che volendo S. M ces. divider il castello et darne parte al nuovo re per sua habitatione, havrebbe potuto godersi del resto, et eligendo di non patir questa strettezza et servitù, potrebbe servirsi della stanza di Piltzen et del palazzo eh ivi è molto commodo et ampliato dal ľ istessa M S., et ivi starsene libera senza guardia.

Questa risposta però non è ancora data ali imperatore, perché hanno voluto i Boemi communicarla prima con i Slesiti et Losati li quali dovevano hoggi darne il lor parere in dieta, et approbandola essi, come si crede, sarà facil cosa, che si dia poi subito a S. M ces.

S intende però per cosa sicura, che ¾ imperatore - o irritato soverchiamente da quest asprezza, che doveva usarseli, o pur per fuggire la presentia di molti oggetti noiosi et Particolarmente la vicinanza del re - si mostra risoluto di partirsi dal regno, et va dissegnando stanza commoda per sua residenza, dicendosi, eh andarebbe volontieri o in Vratislavia o più tosto in qualche città ï Alsatia, quando però non si risolvesse di passarsene in Ratisbona che da tutti si tiene per la più decente et più sicura stanza che potrebbe eligersi.

Il fatto sta però, se noi lo lasciaremo uscir del regno, perché il cameriere maggiore [T. j. nejv. komorník krále Matyáše Leonard Meggau.] il quale confidentemente mi disse, che il suo parere fu sempre, che con ľ imperatore si dovesse in questo particolare procedere con dolcezza, per far che restasse qui, mi soggiunse poi, che disegnando egli di partirsi dal regno, il che difficilmente li sarebbe riuscito, conveniva in ogni modo, che non pensasse di menarsene via seco il suo tesoro.

Da tutto questo può V. Sia Illma vedere, quanto sia grande il presente intrigo et di quanto gran male possi esser cagione; et io veggo in effetto, che oltre la natura del negotio gravissimo per se stesso si rende tanto più malagevole il trattato et la speranza del ¾ accomodamento per la natura de gľ estremi, come si degnerà V. Sia Illma di veder notato brevemente neu incluso foglio [Srovn. č. následující.].

Io non difiderei affatto, che, se dal ľ canto nostro usa[s]simo qualch arte, non sarebbe gran cosa, che ľ imperatore mutasse pensiero di partirsi. Et già monsignor Gleselio istesso comincia a dire, che, se ľ imperatore vorrà fermarsi, non ci mancheran mezzi per darli sodisfattione. Ma è una mala cosa permetter da principio il male, per darvi poi rimedio et inasprir la piaga per raddolcirla.

Da monsignor vescovo di Sarzana intenderà poi V. Sia Illma il pensiero che teneva ľ imperatore di chiamar per questa matina lui et il signor ambasciatore cattolico [T. j. Zúňigu.], oltre il tentativo fattoli per prima per mezzo ď un suo cameriere. Et io intesi per prima da sicuro luogo et lo riferei subito ad esso monsignor nuntio, che ľ imperatore si doleva grandemente ď esser abandonato da tutti, et in particolare dai ministri dei prencipi residenti appresso la M S., che non vedean di muoversi in suo servitio.

La partenza ď esso imperatore sarebbe senza fallo molto dannosa, perché oltre la comotione che potrebbe fare altrove ľ absenza da qui del ministro di Nostro Signore che dovrebbe seguitar S. Mtà ces., et ï altri ministri de principi cattolici, farebbe grandissimo danno alla religione che con la lor presentia vien protetta; la dove absentandosi essi, restarebbe esposta senza efficace patrocinio ali ingiurie de gľ heretici, mentre si tien per fermo, che il re coronato che sarà, et doppo eh havrà intimata un altra dieta dei stati del regno, per far le sue dimande, sia per andare in Losatia et poi in Silesia a ricever ivi il giuramento di quelle provintie, et doppo questo sia per retirarsi in Vienna a far ivi la sua residenza ad essempio del ľ imperatore Massimiliano suo padre; onde per questa ragione particolarmente, oltre molte altre, deve molto desiderarsi, che ľ imperatore si fermi qua sodisfatto et con sicurezza del re il quale potrà governare il regno o per mezzo del burgravio, come fece ¾ imperatore Massimiliano, et come si crede, che farà, o pur per mezzo del ¾ arciduca Massimiliano dalla cui persona non pare, che si mostrino alieni i Boemi; se però vorrà venirvi.

Doppo haver scritto infin qua, intendo, che monsignor Gleselio habbia mandato a dire al Barvitio, che desiderava ď abboccarsi seco, il che però fin hora eh è molto tardi, non è seguito, et che esso Barvitio dica, che ľ imperatore da sabato sera in qua non faccia più mentione di partirsi da Praga, onde egli crede, che ogni poco che si procurasse di raddolcirlo, facilmente si fermarebbe, et è da credersi, se però il continuo suono di trombe et di tamburi, oggetto a lui odiosissimo, non ne lo scaccierà per forza....

Da Praga a 2 Maggio 1611....

 

Placido vescovo di Melfi.






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